Flours di acant

Da Barlums – Canti d’inchiostro, 2024

Il 16 luglio del 1917 nel paese di Santa Maria la Longa, 28 fanti della Brigata Catanzaro vennero fucilati contro il muro greve del cimitero. Le vittime, quasi tutti giovani e poveri contadini calabresi e del Sud Italia, vennero estratte a sorte con la prassi della decimazione, un soldato ogni dieci, fucilati all’alba e sepolti in una fossa comune senza piastrine di riconoscimento. La colpa, quella di essersi ribellati con le armi alla folle consuetudine di mandare i soldati allo scoperto incontro a morte sicura, contro gli austriaci ben attestati e protetti nelle trincee sul Carso friulano. I fiori d’acanto, i fiori degli eroi greci che il poeta D’Annunzio porrà sopra i loro corpi per onorarne il valore, sono l’unico atto di riconoscimento nei loro confronti. La loro storia venne volutamente messa a tacere e se ne perderà traccia. Solamente negli ultimi 15 anni, attraverso le difficili ed avversate indagini di alcuni ricercatori, è stata fatta luce e restituita dignità a quei poveri giovani.

Ispirato dal libro di Giulia Sattolo “Questa sera verrà il bello”.

Flours di acant
Flours di acant (Friulano)

“Stasìra vène u bellu,
domàne jamu a a casa,
luntanu da o frùnte e da a morte.”

Cjàlt ch’a si scjafòa,
dentre a le baraches
mai nissuna fiesta.

Tal infiàr inceànt da le trincees
a murì come Crist ‘nta la crous
le montùres fruàdes, il pantàn
e l’angoša di no tornà.

Ma o vin fata! La rivoluzion,
la rivolta di nos contadins!
Le metràes che sparàvin pardùt,
fusilàdes! Bombe a man!

Musis viers il mur
trist dal cimiteri,
confundùs fra i claps
in miès a siet cipresis
intum barlùm di gris.

Vintivuòt i fantis
butàs int’una fossa,
traditòrs da Patria,
disonor de Italia,
scancelàs da la storia!

“Addio mammareja mia,
io mùaru senza curpa,
cuverùtu de fhuri d’acanto.”

Fiori d’acanto (Italiano)

“Stasera viene il bello,
domani andiamo a casa,
lontano dal fronte e dalla morte.”

Caldo da soffocare,
dentro alle baracche
mai nessuna festa.

Nell’inferno accecante delle trincee
a morire come Cristo sulla Croce,
le divise logore, il pantano,
e l’angoscia di non tornare.

Ma l’abbiamo fatta! La rivoluzione,
la rivolta di noi contadini!
Le mitraglie che sparavano dappertutto,
fucilate! Bombe a mano!

Facce contro il muro
greve del cimitero,
confusi tra i sassi
in mezzo a sette cipressi
in un baluginio di grigio.

Ventotto i fanti
gettati dentro a una fossa,
traditori della Patria,
disonore d’Italia,
cancellati dalla storia!

“Addio dolce madre mia,
io muoio senza colpa,
coperto da fiori d’acanto”

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